mercoledì 15 febbraio 2023

I duchi di Napoli, la "staurita" e la "collecta".


 I luoghi arcoriani sono stati da sempre un territorio di spesa per i Duchi di Napoli e la loro discendenza.

Come già evidenziato in questo post, l'area arcoriana su cui poi è sorto parte del villaggio tavernanovese annoverava tra i suoi antichi proprietari la badessa Maria, figlia di Marino e nipote di Sergio, Duca di Napoli (anno 949).

Maria era badessa del Monastero di San Gregorio Armeno di Napoli, conosciuto anche come S. Ligorio.

Un'altra Maria, figlia del Domino Leone, nel 979 diede in affitto una striscia di terra foris arcora che lambiva una terra del Domino Marino e la strada pubblica che portava a Licinianum.

Domino Leone probabilmente apparteneva al ramo dei discendenti amalfitani dei Duchi di Napoli se non a quelli di Gaeta.

Con buona probabilità possiamo supporre che il territorio di cui la pergamena del 979 appartenesse ancora a Marino, nipote di Sergio.

Quasi quaranta anni dopo, si affaccia sulla scena arcoriana un'altra Maria badessa alla quale, "Sergius…Consul et Dux" nel 1009 donò il Monastero di S.Ligorio in Napoli. Il Sergio Console e condottiero, era Sergio IV e la Maria badessa era figlia di un suo consanguineo (Stefano) (cfr. Monumenta Neapolitani Ducatus, Vol. II, Part 2 (1892), V, Diplomata et chartæ ducum Neapolis, VIII, p. 21)

In un post del 2015 abbiamo portato all'attenzione del lettore come, in una pergamena del 1016, proprio la badessa del monastero di S.Gregorio Armeno dava in affitto due terre ad otto abitanti di Arcora.
Le terre sono localizzate nell'ampio territorio di Pomigliano d'Arco (cfr. G. Vitolo, "Culto della croce e identità cittadina", in "La Croce: iconografia e interpretazione").

Nella stessa pergamena si legge che essa concede di recarsi "ad audiendum officium" (a sentì 'a messa...) nella chiesa di S. Pietro ad Cancellata, di proprietà del monastero (nei pressi dell'antica Suessola), aggiungendo che "si ibi facere voluerint plebem et staurita, eis licentiam concedit": ovvero se vogliono fare una staurita (per evitare lo spostamento ed avere un piccolo luogo di culto cristiano nel territorio stesso), questa gli verrà concessa.

Il territorio in questione era pertanto situato accanto alla via pubblica nolana ed aveva come confini un'altra terra appartenente al Monastero stesso, la terra della chiesa di San Pietro a Cancellata, e "ab uno capite sunt ipsa arcora", cioè un confine era costituito proprio dagli archi dell'acquedotto.

Nella mappa del 1695 (e Vi prego di riferirVi a questa ricerca), l'agrimensore De Jorio traccia il territorio di S. Pietro a Cancellata. Quest'ultimo confina proprio con la via publica nolana, il territorio di S.Ligorio ed altre terre di proprietà di S.Pietro.
L'ipsa arcora è il tratto dell'acquedotto che attraversava la via publica nolana lambendo l'attuale Palazzo Gaudiosi sul vertice di Nord-Est, passando peraltro sopra quella che doveva essere la via quae pergit ad Licinianum.

Chiudiamo il cerchio, riportando che tra i beni che Aurelia D'Eboli cedette al Barone di Pomigliano  Vespasiano del Balzo, nel 1593, in particolare quelli nei pressi della taberna che sarebbe poi diventata la "taverna nova", vi era anche una "collecta" titolata a S. Maria. 
Questo toponimo collecta, era un luogo dove il popolo si radunava alla fine delle processioni solenni e dove il clero recitava appunto una "orazione sopra il popolo" (cfr. F.Gaetano Incontri, "Spiegazione teologica liturgica e morale sopra la celebrazione delle feste diretta a' cherici della citta' e diocesi Florentina", 1776).
Pertanto si potrebbe ipotizzare che la Cappella tavernanovese è stata prima una staurita del XI sec. e poi una collecta nel XVI e questo sulla base che alcuni territori arcoriani, appartenuti ai Duchi di Napoli e alle badesse loro parenti, fossero localizzati nell'attuale Tavernanova, intorno all'antica grancia dei monaci di S.Severino e Sossio di Napoli, oggi Palazzo Gaudiosi.




giovedì 9 febbraio 2023

In una piantina del 1694 spuntano Tavernanova e Casarea

 E' ancora una piantina dell'agrimensore Giovanni D'Iorio che, nel Novembre del 1694, traccia confini e contenuti della "Partita Le Fontanelle alla Preziosa":


Giusto per orientarsi, la strada in basso (da sinistra a destra) è indicata come "strada che vene dallo jannazzo e mena alla tavernanova" mentre quella centrale è indicata come "strada che vene dalla tavernanova e va a casarea". Intorno alle due strade abbiamo le proprietà di Horatio Carafa, quelle del M.ro di S.Ligorio di Napoli e quelle dell'Illustrissimo Francesco Lettereso.

Lo "Jannazzo" era un canale di diramazione dell'acquedotto della Bolla, nelle Paludi di Napoli, sul quale era attestato anche un mulino (Guinnazzo o Jannazzo).

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