Aree archeologiche della zona arcoriana

I 3 punti di scavo (puntino marrone) nelle aree adiacenti Tavernanova
Nel 2000 e nel 2006, secondo il sito www.fastionline.org, sono stati effettuati degli scavi in 4 aree adiacenti il villaggio tavernanovese (relativi ad opere pubbliche) così denominate:

  1. Linea a Monte del Vesuvio, lotto C1, pile 125-132 (2000)
  2. Linea a Monte del Vesuvio, Lotto C2 (2000)
  3. Passante Nord-Sud (2006)
  4. S.Anastasia (2000)
Questi scavi hanno portato alla luce alcune scoperte archeologiche che vanno dal 5000 al V sec. d.C., che ora Vi vado a riassumere...
  1. Linea a Monte del Vesuvio, lotto C1, piloni dal 125 al 132 dell'Alta Velocità (2000, territorio di Casalnuovo di Napoli): il periodo và dal neolitico (5000 a.C.) e fino all'Età del Bronzo (1750 a.C.). Il ritrovamento di solchi agricoli sotto i piloni dell'alta velocità, sotto lo strato cosiddetto delle "pomici di Avellino" e di un solco battuto di confine vanno a fare compagnia a file di buche di palo per il supporto di capanne. In tre casi, lungo il bordo delle abitazioni è stato trovato un piccolo pozzo, probabilmente di natura votiva. Sul fondo di queste fosse sono stati ritrovati alcuni vasi databili tra la fine del periodo eneolitico e l'inizio della prima età del Bronzo. Nel pilone 130 e 132, si trova un ulteriore livello di suolo arato databile alla fine del Neolitico periodo; all'interno di un barattolo impasto frammentato (probabilmente un ex-voto connesso all'attività agricola della zona), sono stati ritrovati diversi utensili di pietra e numerose conchiglie con fori che probabilmente costituivano una piccola collana.
  2. Linea a Monte del Vesuvio, lotto C2 dell'Alta Velocità (2000, territorio tra Volla ed Afragola): il periodo è relativo all'Età del Bronzo (1800-1600 a.C.). Le indagini hanno esaminato sia la parte più alta di questa zona, caratterizzata da terreni asciutti sani, e la parte inferiore, che anticamente era probabilmente un ambiente palustre come attesta la presenza di una serie di canali paralleli di età romana. Posta su un allineamento nord-sud, questi erano 80 cm di larghezza e 1,20 m di profondità (piloni 198-202). L'uso agricolo del terreno risulta fin dal periodo eneolitico, come attestato da frammenti di ceramica intrecciati da vimini. Questo tipo di manufatto è stato il lavoro degli abitanti di un villaggio situato nella zona immediatamente a nord dei canali preistorici (Arcora preistorica?). Una delle capanne di sotto dei depositi vulcanici è stata completamente scavata. La struttura rettangolare, con abside sul lato nord-orientale, era su un / allineamento sud-ovest nord-est e misurava 5 × 12 m (presso il pilone 218d).
  3. Passante Nord-Sud dell'Alta Velocità (2006, Volla): il periodo è relativo all'Età del Bronzo (1350 a.C.). Al disotto di un livello arativo moderno, si evidenzia il deposito piroclastico dell’eruzione di Pollena, che sigilla una frequentazione agricola non intensiva di epoca romana, attestata da canali di captazione delle acque superficiali, un pozzo, tre sepolture e svariate fosse verosimilmente realizzate per coltivazioni.
    Tali evidenze insistono, nel settore centrale dell’area indagata, direttamente sui livelli di età protostorica; ai margini di questa, uno strato di abbandono, ricco di frammenti ceramici di impasto, restituisce una cesura più netta tra le occupazioni di differenti epoche.

    Il piano di frequentazione di età protostorica è costituito dal livello di pedogenizzazione della parte alla sommità del deposito vulcanico delle “pomici di Avellino”, caratterizzato da una fitta serie di buche per pali. La grande quantità di materiali ceramici recuperati testimoniano una intensa occupazione del villaggio, databile a partire dall’età del Bronzo recente e finale. Inoltre, la frequenza delle buche, la loro disposizione e il tipo di riempimento indizierebbero che in molti casi si è provveduto all’asportazione e al successivo ripristino dei pali con una modifica radicale e/o solo parziale dell’unità abitativa.

    La maggiore concentrazione, nella parte centrale del sito, di buche sub-circolari di medie e piccole dimensioni certamente pertinenti a pali, lascerebbe ipotizzare l’esistenza, in questo punto, della parte principale del nucleo abitato. Ad Est e ad Ovest di quest’area centrale, la frequenza delle buche diminuisce e si evidenzia una tipologia diversa nei tagli, ugualmente di forma circolare ma di maggiore diametro e profondità, il cui riempimento ha spesso restituito una serie di pietre laviche, spesso arrossate dall’azione del fuoco. Le caratteristiche di queste fosse inducono a proporre per esse la funzione di forni. Ai limiti occidentali e orientali dell’insediamento era presente anche di un argine, realizzato a protezione del perimetro del villaggio.
  4. In località "Massaria Carrafa", lo scavo delle pile della linea a monte del Vesuvio ha condotto alla scoperta e alla precisazione delle fasi edilizie, fino alla rovina e al successivo abbandono, di un tratto, con sette piedritti, di un ponte-canale dell’acquedotto romano del Serino, fiancheggiato da due carreggiate stradali di terra battuta; il terminus ante quem per la sua datazione è rappresentato, nel V secolo d.C., dall’eruzione vesuviana c.d. di Pollena, il cui accumulo copre il crollo dei pilastri delle arcate. Poco distante, il canale dell’acquedotto (in corrispondenza della pila 39 del tracciato ferroviario) correva incavato (per un’altezza di m 1,93 e una larghezza di m 0,70), con pareti, costruite contro terra, in opera cementizia, e volta, anch’essa in opera cementizia, probabilmente a vista.
Nella zona a ridosso di via Salice poi, viene ritrovato un ulteriore "ramo" dell'acquedotto di Serino:

"Gli strati di obliterazione che riempivano il cunicolo in cui era collocato il condotto restituiscono materiali che sembrano databili nel I sec. d.C.", afferma la relazione del Prof. Fausto Zevi - Università degli Studi di Roma "La Sapienza".



La relazione la trovate qui










A proposito di questo acquedotto, fino a qualche anno fa era possibile vederne le tracce grazie agli scavi per la TAV Na-Rm.
L'immagine (e le notizie) sono tratte dal documento "SITI ARCHEOLOGICI E INFRASTRUTTURE", pubblicato su un sito a gestione del Ministero delle Infrastrutture.
Leggiamo da questo documento:
TAV Na-Rm: i quadrati a centro-destra identificano i resti dell'Acquedotto del Serino.

"In corrispondenza del Lotto C1, durante la realizzazione del Viadotto Volla, sono stati
scoperti tre piedritti in opera mista di un ponte canale di epoca romana.
La Soprintendenza Archeologica di Napoli ha effettuato indagini mirate, che hanno portato all’identificazione dei resti di un tratto dell’acquedotto augusteo che portava le acque dalle fonti del Serino fino a Napoli e a capo Miseno, dove sfociava nella Piscina Mirabilis3, la più grande cisterna romana mai conosciuta. L’importanza dell’acquedotto era notevole: fu una delle opere più importanti realizzate dai Romani in Campania, con la funzione di rifornire anche la flotta ancorata a Capo Miseno."

Ed ancora, in merito alle considerazioni che si sarebbero potute fare:

"[...] La presenza di tali significative emergenze archeologiche ha portato la Soprintendenza ad allargare l’area di indagine per comprendere l’effettiva interferenza del viadotto con il tracciato dell’antico acquedotto. Di fronte ad un caso del genere si sono prese in considerazione varie ipotesi, tra le quali anche quella di rimuovere i reperti e di estendere ulteriormente le indagini. Una soluzione di questo tipo, tuttavia, prevedeva un iter lungo e non facile, pertanto è stato deciso di attuare una variante al progetto originario del viadotto, proprio al fine di preservare intatto il sito.
La soluzione prescelta è stata la realizzazione di un impalcato di luce unica di 50 metri tra
le pile 80 e 82, con l’eliminazione della pila 81. In questo modo si è garantita la conservazione del sito e se ne è permessa la fruibilità al pubblico."

Quindi, bisogna andare alla ricerca del punto di questo viadotto: dovrebbe essere quello dove la struttura su cui sono adagiati i binari è un poco più alta di spessore rispetto a quelle adiacenti.
La mia opinione è che tali reperti si possano intravedere nell'area della Massaria Carafa:


In viola la traccia approssimativa dell' acquedotto Claudio



Sempre in zona di via Filichito, una importante scoperta fa pensare che questa via sia l'antico tratto della via Nolana:
fonte: CorriereDelMezzogiorno.it
E' quanto emerge dallo Studio "Stadtverkehr in der antiken Welt: internationales Kolloquium zur 175-Jahrfeier des Deutschen Archäologischen Instituts Rom, 21. bis 23. April 2004", in cui viene probabilmente identificato, dall' eminente archeologa dott. Daniela Giampaola, a Volla, al di sotto del tracciato dell'attuale via Filichito il suo prolungamento.
A sinistra, la foto evidenzia un particolare degli scavi effettuati nel 2011.
La stessa dottoressa ha anche fatto un resoconto di alcune evidenze scoperte nel periodo dal maggio 2003 all'ottobre 2004, nel territorio tra Afragola e Volla (che ricopre anche i luoghi arcoriani); queste riportano il ritrovamento di reperti databili tra l'età del Bronzo (2300-1700/1600 a.C) e l'epoca romana.

In questa stessa zona furono ritrovati dei solchi d'aratro risalenti al I sec. dopo Cristo, così come
riportato nella rivista "Studi Pompeiani" n.22-2011:

"Il fondamentale contributo di Soricelli sulle centuriazioni mostra come dopo l’eruzione del 79 ci fosse l’intenzione di riorganizzare il territorio per stimolarne la rioccupazione e la ripresa
delle attività agricole; quanto della piana fosse però realmente coltivato in età tardo-antica al momento non è possibile ipotizzare. L’evidenza disponibile, come i solchi d’aratro a San Gennaro Vesuviano, località Toppa, a Casalnuovo in via Filichito, ed a Casoria, in località Lufrano, mostrano che almeno in queste aree il territorio era sfruttato per la produzione di ortaggi e cereali, quindi potrebbe essere legato ad un’economia di sussistenza"

(Da G. F. De Simone, A. Perrotta, C. Scarpati "L’eruzione del 472 d.C. ed il suo impatto su alcuni siti alle falde del Vesuvio").

ACQ - Acquedotto Claudio; SEB - Sebeto
Nello stesso articolo è poi riportata una "Carta archeologica dei siti attestati in ambito perivulcanico, con profilo del Vesuvio come si mostrava dopo l’eruzione del 79 d.C." in cui sono evidenziati il (vecchio) corso del Sebeto ed il tracciato dell'Acquedotto Claudio.
La cosa interessante è che nella cartina sono evidenziati tutti i siti in base alla loro datazione: preromanapre e post 79 d.C.

Mi sono permesso di apporvi alcune labels esplicative. L'area tavernanovese è grosso modo quella indicata in lieve risalto (giallo).



Nel luglio del 1887, nella zona del Salice, viene scoperto un sepolcro "a tegole".

La scoperta, avvenuta durante i lavori di rettifica della linea ferroviaria (penso la Napoli-Roma via Cassino...) a sette km. da Napoli e quattro da Casalnuovo, consistette di un sepolcro a tegole, poggiate l'una contro l'altra, e coperte in cima da embrici con un ategola in traverso da ciascun lato.
Il testo in questione - "Notizie degli Scavi di Antichità vol.2 - 1887", riporta ancora:

"[...] lo scheletro era collocato coi piedi ad oriente, ed aveva a sinistra un'olla, una lucerna ed un unguentario fittile, di lavoro molto ordinario.
Tanto risulta dalla relazione del direttore degli scavi comm. M. Ruggiero."

Un esempio di tomba a tegola è illustrato qui:



Le indicazioni non rendono bene dove potrebbere essere la zona, visto che parliamo del 1887 e dunque gli ambiti territoriali erano certamente diversi in qualche misura, ma molto probabilmente la zona potrebbe essere quella del Salice (o a sud dello stesso).



Molto addentro Tavernanova risulta invero la testimonianza dell'amico Fulgenzio Guadagno, riguardo delle sepolture ritrovate:

"[...]. In fase di costruzione dell'attuale condominio M.SS. Addolorata furono trovate delle sepolture di persone che sulla base delle ossa dovevano essere di corporatura alta specie rispetto alla media dell'epoca ( forse erano soldati o monaci di gruppi etnici del Nord Europa). Forse si trattava di un cimitero adiacente al Palazzo Gaudiosi. La Masseria Torre potrebbe essere a sua volta molto antica dato che si dice che come per il palazzo Gaudiosi anche dalla sua cantina si diparte un cunicolo che arriva ad Afragola e probabilmente collegava i due edifici. [...]"

E' certo che di nord-europei forse dalle nostre parti vi son passati (e forse qualcuno c'è rimasto secco nelle paludi dell'epoca...) ma di sicuro qualche ungherese (diciamo est-europa) che potrebbe avere le caratteristiche citate da Fulgenzo.
Leggiamo nel libro "Raccolta Di Varii Libri, Overo Opvscoli D'Historie Del Regno Di Napoli"




L'anno è il 1333. Gli Ungheresi sono attestati al Casale di Pomigliano. Ovviamente il tenimento dell'area tavernanovese (che per certo all'epoca non si chiamava così) era nel casale di Pomigliano potrebbe indicare che forse i resti ritrovati -se di soldati- potrebbero essere ungheresi.
Oppure, senza entrare nel merito di chi fossero, è stata la peste che colpì il Regno di Napoli nel 1656 ed ancor prima negli anni dal 1348 al 1353.




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