sabato 28 febbraio 2015

Nei dipinti del De Nittis uno squarcio nel tempo...

G. De Nittis - 1876 - Acquedotto romano

Sono due dipinti interessanti, visto che il pittore amava bazzicare in Campania.
Non mi meraviglierei che, tra un viaggio verso la Puglia ed un altro, egli si sia soffermato su ciò che si poteva ammirare dalle nostre parti, innanzitutto i resti dell'Acquedotto Augusteo.

I compari contadini nel dipinto in basso potrebbero essere stati immortalati o nella zona di Pomigliano o in quella di Acerra...aguzzate la vista (o forse la fantasia...).

G. De Nittis - 1866 - Casale di Napoli
Giuseppe De Nittis (Barletta, 25 febbraio 1846 – Saint-Germain-en-Laye, 21 agosto 1884) è stato un pittore italiano vicino alla corrente artistica del verismo e dell'Impressionismo.
Nacque a Barletta nel 1846, figlio quartogenito di Raffaele De Nittis e Teresa Emanuela Buracchia. Prima che nascesse, il padre fu arrestato per motivi politici, e, appena uscì di prigione due anni più tardi, si tolse la vita. Rimasto orfano sin dall'infanzia, crebbe con i nonni paterni, e dopo il suo apprendistato presso il pittore barlettano Giovanni Battista Calò, si iscrisse nel 1861 - contro il volere della famiglia - all'Accademia di Belle Arti di Napoli sotto la guida di Mancinelli e Smargiassi.

Di indole indipendente e insofferente verso qualunque tipo di schema, si mostrò disinteressato alle nozioni ed esercitazioni accademiche, tanto che fu espulso per indisciplina due anni più tardi. Assieme ad altri pittori, fra cui Federico Rossano e Marco De Gregorio, si diede alla composizione all'aria aperta (dipingevano generalmente a Portici), specializzandosi nella riproduzione di paesaggi porticesi, partenopei e barlettani. Nel 1864 fu notato da Adriano Cecioni e l'anno successivo fondò la Scuola di Resìna, corrente italiana sul tema del realismo.

A Firenze, nel 1866, si avvicinò ai Macchiaioli e, dopo aver girato l'Italia toccando Napoli, Palermo, Barletta, Roma, Firenze, Venezia e Torino, si trasferì nel 1867 a Parigi dove conobbe Ernest Meissonier e Jean-Léon Gérôme e sposò due anni più tardi la parigina Léontine Lucile Gruvelle, che influenzerà notevolmente le scelte sociali ed artistiche del marito.

Il 1869 lo vide esporre per la prima volta al Salon, ma la pedissequa imitazione dei colleghi parigini fece infuriare Cecioni, che gli ricordò come il suo talento avesse bisogno di essere espresso con tratti affatto specifici. De Nittis ritrovò immediatamente la propria indipendenza artistica e riscosse grande successo al Salon del '72 con la tela Una strada da Brindisi a Barletta. Nel '74 ebbe ancora elogi per Che freddo!, in cui l'abituale raffinatezza di esecuzione dell'artista pugliese aveva come soggetto le giovani dame parigine, tema che seppe integrare molto bene nella pittura di paesaggio, meritandosi l'appellativo di peintre des Parisiennes (pittore delle parigine).

Toccò il culmine della sua fama all'esposizione del 1874, tenutasi nello studio del fotografo Nadar e comunemente indicata come data di nascita dell'Impressionismo. Vi espose undici tele. Quell'anno fu poi a Londra dove dipinse scene della vita della capitale inglese.

L'Esposizione Internazionale parigina, nel 1878, riservò grandi onori per De Nittis: fu insignito della Legion d'onore, mentre una sua opera, Le rovine delle Tuileries, fu acquistata dal governo per il Museo del Lussemburgo.

Fu assimilabile per certe caratteristiche ai Macchiaioli e agli Impressionisti, ma mantenne sempre un'indipendenza di stile e contenuti.

Morì nel 1884 a Saint-Germain-en-Laye, colpito da un fulminante ictus cerebrale. È sepolto a Parigi, nel cimitero di Père-Lachaise (divisione 11).
 FONTE: http://it.wahooart.com


giovedì 26 febbraio 2015

Antichi reports dalla eruzione del Vesuvio (16 Dicembre 1631), parte III: Vincenzo Bove

 Concludo questa carrellata sulla eruzione del Vesuvio, che sicuramente fece male al nostro villaggio e ne cambiò sicuramente qualche connotato, con Vincenzo Bove che scrisse il report in due puntate.
Scrive dunque il Bove nel suo primo resoconto:

"[...] perchè scorreano dal Monte fiumi di bitume acceso, e di cenere, che ciò se gli paraua innanzi buttaua a terra brugiandolo, onde d'ambedue le Torre di Pumigliano, di Bosco, di S.Giorgio, di Massa, altro non v'è, che il solo busto;[...]"

E nel secondo ritroviamo:

"Quelle [le acque] correndo in abbondanza più volte hanno allagato tutte le terre al medesimo monte Boreali, quali sono, Nola, Somma, Marigliano, Pumigliano, e quasi destrutti Cicciano casale vicino a Nola in guisa che non solo hanno empito le cantine con perdita di molte botte di vino, ma diroccate molte case, suelti alberi, e con la copia della terra, sassi, tronchi & altre materie seco condotte fatto fossi, empiti campi con danno irreparabile, e morte di molte persone affogate. [...]"

Viene spontaneo chiedersi delle Torri di Pomigliano. A Pomigliano v'era una sola torre menzionabile, ed era quella di Pacciano.
Probabilmente il periodo - per qualche errore di stampa: stamme 'o milleseiciente! - è da intendersi così: "onde d'ambedue le Torre, di Pumigliano, di Bosco," dove le Torre sono "della Nunziata" e "del Greco".




sabato 21 febbraio 2015

Antichi reports dalla eruzione del Vesuvio (16 Dicembre 1631), parte II

Seconda puntata: è bella e te la devi vedere...

Paulo Milano, nel suo "Vera realtione del crudele, misero, e lacrimoso Prodigio successo nel MONTE VESUVIO...", scrive:

"Dalla falda, seu sommità di detto monte di quand'inquando seatoriano gran quantità d'acque torbide, e calde verso Pumigliano d'Arco, Avella, la Rocca, Cicciano, Marigliano, Nola, Benevento & altri luoghi quali per la copia d'esse sono inabitabili, & così per ordine di S.E. vi son'andati diversi partitarij con molt'huomini dalli quali si fà il possibile per disuiar dette acque donde siano nate; molte sono l'opinioni alcuni dicono, ch'escano d'un fiume qual correa per le viscere del monte al mare, & ch'essendosi impedita la strada per tal'incendio e terremoti, e sbottato sopra la terra[...]"

Era Giovedì 1 Gennaio 1632.
Speriamo non capiti più...

Grazie per le visite, popolo tavernanovesi...

mercoledì 18 febbraio 2015

Archivio Casoria: un bel posto per la storia

Curato dal giornalista Giuseppe Pesce, questo sito si distingue per la grande fruibilità dei contenuti e la loro esposizione molto curata.
Veramente di valore e perciò lo pongo alla Vs. attenzione...yiateve a leggere qualcosa.
Il link è qui (ed anche più in basso in questa pagina, sezione "Links interessanti")

domenica 15 febbraio 2015

Antichi reports dalla eruzione del Vesuvio (16 Dicembre 1631), parte I

Nell'ultimo mio raid presso la Biblioteca Napoletana di Storia Patria, ho effettuato una ricerca su alcuni testi potenzialmente interessanti che riguardavano la triste e famosa eruzione del Vesuvio addì 16 Dicembre 1631.
La ricerca era mirata verso le menzioni di eventuali luoghi arcoriani. Tale ricerca - come avrete potuto notare nel post immesiatamente precedente a questo - ha dato alcuni risultati.
Nell' "Incendii del Monte Vesuvio" di G. Mormile si legge che:

" Nello stesso giorno sgorgò dal detto Monte verso Nola e Arienzo un gran fiume d'acqua alto forsi trenta palmi largo un terzo di miglio con grandissime pietre.[...]. Allagorno ancora queste acque alcuni luoghi di Marigliano, Pomigliano, [...] & altre Terre e luighi d'intorno scorrendo verso i lagni [...] e non essendo capaci, scorreano verso Napoli per la Strada di Puglia [...]".

Quindi una massa d'acqua alta circa 30 Palmi (1 palmo a Napoli era circa 26 cm e dunque parliamo di un fronte di oltre 7 metri) e lungo 1/3 di Miglio (600 metri grosso modo), molto probabilmente -e in maniera sicuramente meno impetuosa ma pur sempre devastante - avrà sicuramente toccato Taverna nova ('o tarramoto certamente).

Buona domenica!

"Piango ogni Terra, Casal e Villaggio..."

"...di Terra di Lauor in Monte e 'n piano
Laori, Palma, Sarno, e fuo Riuaggio
San Seuerin, Forin e Bracigliano.
Pomigliano, la Cerra, ò gran dammaggio
Nola, con Cimitile e Marigliano,
Sperone, Auella, Vaiano, la Catena
Chi piange pe l'acqua, e chi le pietre, e
arena."

Lo scrive Giulio Cesare Papaccio, venditor d'oglio, a fronte di uno dei più disastrosi eventi che hanno caratterizzato il Vesuvio, quello del 16 Dicembre del 1631.
L'espressione è in forma di versi, come avrete notato.
L'autore dice anche;

"Ciascuno di fuggire si remena
chi all'Arco, chi nel Pozzo e chi nel piano"

Se per l'Arco s'intende il convento della Madonna dell'Arco e Pozzo quello di S.Maria del Pozzo, a cosa si riferisce con nel piano?
Presto detto: l'autore ci dice ancora che: 
"Un' altro convento tre miglia lontani di sopraddetti Padri Zoccolanti, che viene chiamato S.Gennaro al piani". Si tratta del Convento di S.Maria delle Grazie a Torre del Greco.

Ed ancora, il Signor Girolamo Fontanella, in versi ci racconta il sentimento del fiume Sebeto:

"Grida il patrio Sebeto
chi tanto incendio alle mie riue apporta?
Sento il suolo inquieto,
sarà quest'onda hor da la terra assorta?
Si si schiuso a la luce, orrida e bruma
Haurò la tomba, ove acquistai la cuna"

Capite subito come l'incendio del 1631 fu talmente devastante che cambio i connotati a cose e purtroppo anche a persone. Certamente Tavernanova non ne uscì indenne. In altri posts ne abbiamo già parlato...

Tutti coloro che pretendevano di avere una verve artistica approfittarono del clamore di quell'evento per poter descrivere in varia forma l'accadimento e proporsi così non solo all'attenzione del pubblico colto e danaroso (l'unico che sapeva leggere a quei tempi), ma anche a quella dei loro "protettori", di modo da poter sperare in una lauta "mazzetta".

Altri spunti interessanti nei prossimi giorni...

E grazie per le Vostre visite!

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