martedì 20 settembre 2016

La storia tavernanovese vista dalla grancia dei monaci cassinesi (Parte I).

Pseudo ricostruzione della villa rustica
tavernanovese (lato Nord)
Nello specifico, parliamo del complesso Gaudiosi, prima villa rustica romana, poi tramutatosi in grancia dei monaci di S.Severino e Sossio a fronte di alcune donazioni e/o di vendite.
Ma andiamo con ordine: siamo nel 949, il duca di Napoli - non uno qualunque! - permuta un molino con un territorio in Arcora.
L'analisi della pergamena insieme a quella della reticolazione delle centurie riconosciute sul territorio arcoriano, stabilisce che il territorio che va al duca comprende proprio il terreno dove è situato il palazzo Gaudiosi.
Non sappiamo se prima di tale anno vi fossero effettivamente dei ruderi di una villa rustica romana, ma sappiamo che quest'area era stata possedimento di Maria, figlia di uno degli eredi del Duca Marino, quasi un centinaio di anni prima (898) e che l'aveva donata a sua volta al Monastero (c'è però da sottolineare che, analizzando altre pergamene successive che riguardano Arcora, la presenza di case, ruderi o altro è stata sempre trascritta).
Dopo il 949, facciamo un salto diretto (non vi sono altri documenti) al 1200 circa, dove vi è uno scambio di proprietà tra Pietro Cacapice Truttello e il visconte Pietro Macza (Massa); tale fondo si trova in Villa Arcora (attenzione a "Villa").
Nel 1246 circa, lo stesso Visconte dona un fondo in loco Arcora al Monastero e poi, qualche anno dopo, insieme al fratello Napolitano Macza, vende al Monastero due fondi: Mocza e Orticellu.
Sembrerebbe che, contemporaneamente alla suscritta vendita, i coniugi Pietro Macza e la consorte Maria rinunciarono - sempre a favore del Monastero - ad una "casa coperta ad lista [...] cum integre omne bestie nostre et cum integre omne mobile nostrum".
Qui bisogna sottolineare due punti: la casa coperta "ad lista" è tipico di una villa rustica romana (e i resti di questa copertura si rilevavavno una trentina di anni nel complesso Gaudiosi); il mantenimento delle bestie, presente nelle ville rustiche più grandi come lo era appunto il complesso Gaudiosi, che si estendeva come un unicum che racchiudeva tutte le costruzioni a partire dalla cappella di S.Maria ad Nives fino all'ultimo rudere (ad oggi) che è giù su via Filichito (a destra).


Infatti, i due coniugi (come risulta in una pergamena databile al 1248), "tenetur custodire omnia animalia pro parte dicti monasterii, rendunt annuatim in dicto monastero eo quod nascunturin dicta terra".
Anche questo passaggio è importante, in quanto testimonia della transizione di un bene privato al monastero, bene che aveva una destinazione d'uso che sarebbe poi diventata tipica di una grancia.

Fine Parte I

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