sabato 27 luglio 2024

Il Sistema delle “Masserie della Pretiosa” nel contesto dei luoghi arcoriani (V) - Quante Starze?

 <continua>

Nel 1246 Bartolomeo Bulcano vende al convento un pezzo di terra recintato da mura e coltivato. Il terreno si trova in villa Arcora ed è circondato da alia startia dicti monasterii su 3 lati mentre il quarto da sulla via publica. (237, vol.I).

Volendo elaborare un consuntivo delle pergamene viste fino ad ora, abbiamo in pratica 3 starze:

  1. Una starza in Villa Arcora
  2. Una starza in Villa S.Anastasia, ad illa Pretiosa, che si estende fino ad arrivare nei pressi di Villa Arcora.
  3. Una starza in Sancta Maria ad Illa Pretiosa, parte foris Flubeum

Interessante annotare di una ulteriore startia, nominata Sancti Severini (a.1276), posta nella Palude di Terczo, dove vengono individuati 3 moggi di terra (non designantur fines) ma che doveva essere molto redditizia (7 tareni d’oro di Sicilia all’anno) (856, vol.II).

Dello stesso “tenore” di rendita è un fondo piuttosto ricco menzionato in alcune pergamene databili al 1248 (nn.147 e 1696), dove il visconte Pietro Macza[1] e sua moglie Maria offrono al Monastero “una cum integra casa nostra et cum integre omne bestie nostre et cum integro omne mobile nostrum, que simul nos habemus vel habituri fuerimus per quovis modum ad habendum, tenendum, possidendum…”. Tale fondo si trova in Villa Arcora, “intus ipsa villa[2].

Nel 1250 viene vergata una pergamena (n.1834, Pilone vol.4) da approfondire per poter ricostruire la zona del fondo sopra menzionato in quanto Letitia de dompna Romania, vedova di Simone Guindazzo, cede al Monastero per un’oncia ed un quarto d’oro “fundum unum de terra situm in loco Arcora, una cum casa, curte et haera, iuxta fundum dicti monasterii a duabus partibus, que fuit de Petro qui nominatur Maza, bisconte, iuxta fundum Petri Castaldi, iuxta viam puplicam”. Una nota a margine di questa pergamena (“Emptio in Arcora”) fa capire che la zona arcoriana cominciava ad essere abbandonata dai suoi residenti.

Altre starze vengono fuori da un documento del 1300 (86, vol. I) che riguarda due pezzi di terra tenuti in loco Pretiosa da parte di Pasquale Gaudioso: il primo appezzamento ha come confine la via publica (dove c’è l’entrata), poi vi è la starza di Bartolomeus de Rogerio e a seguire quella dove lavorano Morfeus Montanino e Giovanni de Osensio. Anche la seconda delle terre oggetto della pergamena ha un lato che confina con il De Rogerio, poi un lato vi è la via pubblica con l’ingresso; un altro lato prosegue al confine con altri territori e, in particolare, con quelli dove laborat Iacobus Papazzulus. (cfr. 134, vol.I).

Purtroppo, nulla dura in eterno ed anche alla Pretiosa dovettero fare i conti con guerre e carestie. Nel 1300 un’altra pergamena (RPilone - AnticoInventario_vol3.pdf, 1716) ci parla di Pietro de Graziano, figlio di Leonardo, di Sant’Anastasia che si fa carico, per un’oncia e mezza (d’oro), di una terra in “testa” alla starza dicti monasteri, in Sant’Anastasia, detta illa Pretiosa, contornata da tre vie pubbliche e collocata a fianco di ciò che era rimasto della starza del monastero.

Nel 1311, l’abate del Monastero di S.Severino E Sossio, concesse in perpetuo un apprezzamento di terreno a Paolo Malcone ed ai suoi fratelli Pietro, Matteo e Tommaso (di S.Anastasia) in una zona detta ala Pretiosa, che era contornata da due parti dalla starza del Monastero dove era S.Maria a la Pretiosa e San Nicola, insieme a delle vie pubbliche. (RPilone - AnticoInventario_vol3.pdf, 1719).



[1] Ipotizziamo Pietro Mazza, signore di San Gayren: potrebbe essere un cavaliere del Re Giacomo I d’Aragona, al quale supponiamo fu donato il fondo per i servigi resi nella guerra contro i Mori a Majorca nel 1232.

[2] Un possibile riferimento per questo fondo, anche alla luce delle altre pergamene indicate nel testo della Pilone, potrebbe essere dato dalle due masserie che si susseguono in via Filichito, all’inizio dell’incrocio con la Nazionale delle Puglie.


sabato 20 luglio 2024

Il Sistema delle “Masserie della Pretiosa” nel contesto dei luoghi arcoriani (IV) - Quante Starze?

 

L’ipotesi che vogliamo percorrere è quella che l’area pressochè triangolare con il vertice alto rappresentato dal “Complesso Gaudiosi” sulla via Nazionale delle Puglie, quello a destra in basso identificato nell’area della Pretiosa di Sant’Anastasia e quella a sinistra in nel territorio della Bolla abbiano costituito l’area territoriale condivisa da due starze, entrambe appartenenti al Monastero di S.Severino & Sossio di Napoli. 

Tutta l’area era conformata all’interno della Centuriazione “Neapolis”, risalente ai primi anni dopo l’eruzione del Vesuvio del 79 d.C., sebbene nel testo di E.Lo Cascio, A. Storchi Marino – “Modalità insediative e strutture agrarie nell’Italia meridionale in età romana” – EdiPuglia, 2001 si fa riferimento a degli insediamenti nell’area che si posizionano in anni ben più precedenti.



In linea generale, una primissima menzione di una starza appartenuta al Monastero di SS.Severino e Sossio la troviamo in una pergamena risalente al 1178-79, dove si parla di un appezzamento di terreno nel territorio di Terczo che aveva i seguenti confini (170, vol.I):

  • terra di S.Maria ad Platiam
  • via puplica
  • un’altra terra di detto monastero
  • una via che conduceva dal lato opposto
  • la terra lavorata da Stefano de Cicire ed altri confini.

Qui le terre confinanti sono almeno cinque, più altri confini.

Ci siamo già imbattuti nel post precedente in una pergamena del 1190 (195, vol.I) dove si menzionava la starza di Domenico e Giovanni Cicalesi in quel di Villa Arcora. A questa vi associamo la pergamena n.187, vol.I – del 1191 - che riguarda una donazione che un tale Matteo Sarracino fa al convento: è una terra in villa Sancta Anastasia, denominata appunto “ad illam Pretiosam”.

I confini di questa terra erano dunque:

  • Ad un capo, la via publica que dicitur Sumese.
  • Ad un lato ed anche ad un capo vi è una starza di detto monastero che si estende fino ad illa Arcora, ovvero le arcate dell’Acquedotto Claudio.
  • Da un altro capo c’è xxxxxxxxx (10 lettere circa) ed altri confini.

Possiamo quindi immaginare che l’ampiezza del territorio tale da arrivare ad avere come “capo” le arcate dell’Acquedotto Claudio (oltre che come lato) e la via publica Sumese.

L’ipotesi che nei territori più a sud rispetto alle arcate dell’acquedotto vi fosse una ulteriore starza viene avvalorata da una pergamena databile nel periodo 1213 – 1219. In questa pergamena, ad un certo Stasio Papazulo, fratello di Pietro, monaco casertano, fu concessa una starza integra nel luogo detto “ad illa Pretiosa” (in Sancta Anastasia) avente i seguenti confini: da due parti vi sono dei resti abbandonati della starza stessa mentre un terzo confine è definito da una strada che si chiama Rio, più altri confini. (231, vol.I).

Non solo: nello stesso periodo Giovanni de Pellegrino promette al Monastero due starze intere appartenenti alla Infirmaria. Le starze, già affidate a Roberto de Benedicto, si trovano proprio presso “illa starcza vestra de dicta infirmaria” (1127, vol.III).

Da annotare che al 1215, Ruggero Gaudioso ed i suoi eredi lavoravano il territorio ad illa Pretiosa di Sant’Anastasia. Tale territorio misurava 11 moggia e aveva come 3 confini altre terre appartenenti al monastero mentre un quarto confine era stabilito da una via pubblica. (186, vol.I).

Venti moggi di terra furono concessi tra il 1226 e il 1241 (1753, vol.III) dal monastero a Stasio Papazulo di Sancta Nastase, giusto per l’infirmaria di detto monastero all’interno di una integra starza di terra della stessa infirmaria, posta in loco Sancte Nastase detto ad illa Pretiosa.

Tale starza ha la via de Silice come confine da tre parti così come la suddetta starza più altri confini.

Una pergamena catalogata come “In loco Sancta Maria ad illa Pretiusa” (973, vol.II), risalente al periodo 1230-1245, menziona i fratelli Iacobus et Gaudiosus de Gaudioso, di S. Anastasia Foris Flubeum; questi promettono a Pietro Primicera – infirmatarius del monastero, di lavorare 7 moggi di terreno all’interno di una starza pertinente l’infirmaria, posita in loco qui nominatur Sancta Maria ad illa Pretiosa, parte Foris Flubeum.

<continua>

Nota: la dicitura (xxxx, vol.y) identifica il numero di pergamena xxxx del vol. y di 

"L'antico inventario delle pergamene del Monastero dei SS. Severino e Sossio : Archivio di Stato di Napoli, Monasteri soppressi, vol. 1788 / a cura di Rosaria Pilone. 3. - Roma : nella sede dell'Istituto, 1999"

domenica 14 luglio 2024

Il Sistema delle “Masserie della Pretiosa” nel contesto dei luoghi arcoriani - uno studio (III) - Il frutto della vite e del lavoro dell’uomo

 


Non vi sono, in realtà, molti dati che si possono estrarre dalle pergamene esaminate per poter avere una idea sulla qualità (e le quantità) di derrate alimentari che il territorio della Preziosa forniva soprattutto grazie al lavoro dell’uomo.

Ad ogni modo, è del 1190 (n.195, vol.I) una pergamena che ci racconta come Domenico e Iohannes Cicalesi abitanti "ad illa Pretiosa", tenevano a lavorare da detto Monastero una intera starza di territorio sita in villa Arcora e denominata "ad illa Pretiosa", nella quale vi è un riparo per il bestiame ai due lati mentre ai due capi vi sono delle vie pubbliche più altri confini.

Come noterete, qui si presentano in coppia “villa Arcora” e “illa Pretiosa”: un modo per indicare che siamo nella Pretiosa ma dal lato di Arcora, cioè un villaggio praticamente a ridosso degli archi dell’Acquedotto? Potrebbe essere questo un indizio della antica starza poi diventata Palazzo Gaudiosi? Chissà…

Comunque, in questa pergamena vengono presentati anche i vari raccolti che questa starza riesce a produrre in un anno (rendit terraticum in festa sancte Marie de mense agusti):

· 8 moggi di polloni (germogli)

· 11 moggi di miglio

· 5 moggi di grano

· 5 moggi di lupini

· 8 moggi di orzo

Per un totale di 37 moggi (aridi).

Abbiamo letto all’inizio che il nome “La Pretiosa” o “Preciosa” con cui questa zona veniva appellata nasce dalla bontà dei vini che qui si producevano. A tal proposito segnaliamo alcune pergamene enologiche: la prima risale al 1215 (n.1756, vol.III) e riguarda Rogerio de Gaudioso di Santa Anastasia a cui il Monastero da a lavorare 10 moggi di terreno della starza appartenente a detta Infermeria; la starza è sita in loco Sancta Maria ad illa Pretiosa, limitata da 3 parti dalla suddetta starza, poi dalla via pubblica e da altri confini.

Al Monastero verrà corrisposto ogni anno un quarto delle derrate alimentari prodotte insieme a vino greco e latino.

Una altra pergamena, datata 1230, riguarda ancora membri della famiglia Gaudioso (Gaudioso “padre” e Iacobo). Qui la rendita è di 5 salme[1] di vino greco x moggio, 1 pollo e 2 quarti di victualio[2]. Sapendo che quel terreno concesso era ampio 7 moggi, il conto è fatto…

Altra rendita in vino greco la troviamo in una pergamena del 1261, frutto del lavoro di Riccardo Caraczulo de Summa al quale il Monastero assegna a lui e ai suoi eredi in perpetuo un intero pezzo di terreno nei pressi della chiesa di S.Maria Pretiosa, terreno che appartiene alla Infirmaria del Monastero. Nel terreno concesso vi è anche una vasca ed un riparo per il bestiame.

Altre tre salme di vino greco (oltre a frutta e ortaggi) debbono essere corrisposte annualmente al Monastero da parte di Thomasio Muzula e del fratello Riccardo, di Somma, per un pezzo di terra anch’esso appartenente all’Infirmaria del Monastero. Siamo nel 1270 (n.1750, vol.III)

Sebbene comincino anni di mutamenti climatici importanti e la guerra tra Angioini e Aragonesi circa la divisione del Regno delle Due Sicilie si sta concludendo con vari “botti”, il vino greco la fa da padrone ancora nel 1300 (n.1718, vol.III), quando il monastero “concede a Petro de Graniano di S.Anastasia per se e i suoi eredi maschi un intero pezzo di terra in S.Anastasia, nel luogo detto la Pretiosa, a fianco di un'altra terra sempre lavorata dal detto Pietro, vicino alla via pubblica donde ha un ingresso e vicino un'altra terra lavorata da Iohannes de Osentia e Matheus Mutavinum e vicino alla starza vostra che è lavorata da Iacobus de Gaudioso.”. Nelle condizioni di affitto, il Monastero aggiunge anche del denaro e armenti al di là del vino greco.

Infatti, un tareno d’oro (oltre a vino greco e latino) viene richiesto in una pergamena del 1300 (n.86, vol.I) a Pascarius de Gaudioso e ai suoi eredi che gestiscono due interi territori alla Preziosa. Nel 1303 una importante pergamena (n.1809, vol.IV) ci dice che “Iohannes de Osenza da S.Anastasia vende per due oncie d'oro all'abate Roberto del Monastero di S.Severino e Sossio, il territorio detto "ala Pretiosa" indetta città di S.Anastasia.”. Il territorio in questione era “emptio” ovvero non coltivato nonostante la presenza di capi di bestiame e dei relativi ripari.

In questo momento storico il Monastero individua una politica di acquisto del territorio sfruttando lo stato di abbandono in cui versa. Non solo: vengono incluse delle clausole di riscatto in caso di abbandono da parte dell’affidatario!

Uno di questi “abbandoni” è menzionato in una pergamena del 1311 (n.1685, vol.III) e costò 2 once d’oro a favore del Monastero per un pezzo di terra che circondava le due chiese di S.Maria “ala Pretiosa” e di S.Nicola.

L’abbandono era dovuto ad una mancanza di lavoranti.

Qui di seguito una lista generica della tipologia di prodotti coltivati nella “Preziosa”, desunti dalle pergamene relative a questo territorio:

· polloni (germogli)

· miglio

· grano

· lupini

· orzo

· frutta

· ortaggi

· bovini

· ovini

· vino latino e vino greco, saccapanna[3]

______________________________________________________________________

[1] 1 salma di vino = 175 litri

[2] Victualia: viveri, provviste.

[3] Alias mezzovino: si ottiene aggiungendo acqua alla vinaccia e lasciandola fermentare


sabato 6 luglio 2024

Il Sistema delle “Masserie della Pretiosa” nel contesto dei luoghi arcoriani - uno studio (II) - La Pretiosa fra i secoli X e XII

Per avere una idea dei riferimenti nell’area, sfrutteremo una mappa redatta dal prof. Luigi Verolino, sulla quale sono indicati 2 punti: in giallo la Massaria Preziosa, in rosso la starza/grancia Tavernanovese.

Notare il percorso dell’Acquedotto Claudio e, in verde, la strada che da La Barra/Ponticello conduceva a Somma Vesuviana.

fonte: prof. L. Verolino

In questa mappa vediamo che l’area - dove si sarebbe sviluppato secoli dopo il villaggio tavernanovese - era a cavallo tra i casali di Terczo e Porchiano; in particolare, l’area a sinistra dell’attuale via Filichito si trovava in territorio di Terczo mentre quella a destra apparteneva a Porchiano. 

La prima pergamena[1] dove si menziona “La Pretiosa” risale al 1181 ed è importante poiché racconta della volontà della Congregazione dei Monaci di S.Severino & Sossio di Napoli che, in particolare, con l’abbate Pietro “...per ispirazione divina, si accingono a restaurare e a provvedere per la Santa Infermeria dello stesso monastero. Si provvederà ad offrire per questa Infermeria i beni stabili qui sottoscritti, cioè l'intera Chiesa di S.Severino, posta nel luogo detto Terzo, insieme con tutto il nostro cortile, che è accanto alla Chiesa stessa, insieme all'orto, al pozzo e all'insieme di due starze "maggiori" che si trovano nella stesso luogo: una affianco all'altra insieme agli alberi e ai loro frutti.
Andremo ad assegnare ancora a questa Infermeria una "clusura" di terra "maiore" di detto monastero, situato nel luogo Pretiosa, vicino ad Arcora; ed ancora un campo di terra situato in località San Trifone[2] e non con tutti i terreni, fattorie e pascoli di detto luogo; e una chiesa, detta di San Paolino, situata nello stesso luogo come è contenuto nel detto strumento della detta Infermeria.
” (n.1749, vol III).

In pratica, per poter fare fronte alle necessità verso i religiosi ammalati e la povera gente, alla istituzione Infermeria vengono allocate queste “risorse” su cui basarsi per poter espletare il proprio compito.

In particolare, in una altra pergamena (n.182, vol.I), vengono menzionate altre proprietà del Monastero di modo da poter individuare al meglio la posizione della Chiesa di S.Severino (che l’abate Pietro aveva donato al convento): questa si trovava “in villa Terzo del Mulino dello stesso monastero, con l'intero cortile che si trova nei pressi della stessa chiesa, con caseggiati ed orto, un pozzo di acqua sorgiva, insieme a due interi pezzi di terra nello stesso luogo Terzo. I confini sono i seguenti:

  • da una parte c'è un via carrabile dove c'è la terra di San Sebastiano, dall'altro lato vi sono le terre di detto monastero xxxxx ed anche il fiume dello stesso monastero e lo stesso Mulino delle Osene(?) con il fiume Rubeolo.
  • dall'altro capo vi è un altro fiume che ha il nome de illa Curte così come vi è lo stesso mulino.
  • dall'altro capo vi sono altre terre vostre delle quali mantenete il controllo.
Vi è inoltre un'altra pezza di terra - chiamata clusuria - i cui confini sono i seguenti:
  • da una parte vi è la via publica, dall'altra parte c'è terra, poi di nuovo un'altra via pubblica dove c'è l'ingresso più altri confini
Quindi, se nella prima pergamena vi è il “bel discorso” che induce i monaci a ristrutturare l’infermeria del Monastero, nella seconda ci possiamo rendere conto delle prime strutture che albergavano nella zona della Preziosa, in particolar modo nel territorio di Terzo abbiamo:
  • 2 mulini, 2 chiese, 2 starze grandi
  • 1 pezzo di terra chiamato “clusuria” più altre due terre.
  • 1 pozzo di acqua di risorgiva

[1] Attualmente, quasi tutte le pergamene a riguardo sono raccolte nei 4 volumi della Prof.ssa Rosaria Pilone (L’antico inventario delle pergamene del Mon.ro dei Santi Severino & Sossio di Napoli, 1999)

[2] San Trifone dovrebbe essere un luogo tra Ponticelli e San Giovanni a Teduccio (in loco Paczigno).

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