Per quanto riguarda l'obedientia di Terczo (Terzo), individuata da alcune pergamene che risalgono al periodo in cui l'area tavernanovese apparteneva a questo villaggio (il territorio complessivo arrivava a coprire fin l'attuale via Filichito), essa viene menzionata in una pergamena risalente ad un periodo stimato tra il 1013 e il 1020 o tra il 1127 ed il 1136. Il salto che si ha tra questi periodi è frutto degli estremi cronologici del dominio di Sergio III, Sergio IV, Sergio V, Sergio VI e Sergio VII, nonché dell'abate Iohannes menzionato nel regesto; questi anni sono corrispondenti a quelli in cui dalla documentazione rinvenuta risulta che nel monastero sia stato attivo un abate Iohannes: ne consegue che l'autore dell'atto possa essere o il duca Sergio IV (1002-1027; 1030-1036) o Sergio VII (1120-1137).
La pergamena riguarda una concessione (privilegium)
che il duca concede al Monastero circa alcune terre nei pressi del Molino della
Torricella:
“idest integra starcza de terra maiore, iuris propria
dicti sancti vestri monasterii, et cum integram ecclesiam vestram Sancti
Siverini et domum frabitam et obidentia et curte, per quem vadit flivium maiore
qui nominatur Rubeolum, et integrum molinum et turricellam vestram[1]”.
Quindi tale obbedienza si trovava in un contesto di una casa
diroccata, con una obedientia ed un cortile (qui in senso di un atrio
contornato da altre costruzioni[2])
e, nel territorio dove erano presenti queste strutture, vi scorreva il fiume
Rubeolo oltre ad esservi anche il mulino e la vostra piccola torre.
Una menzione di una obedientia in loco Terczo la ritroviamo
in una pergamena databile negli anni 1118-1143. Questa riguarda una offerta di
un piccolo pezzo di terreno che viene fatta al Monastero da Sergio de donno
Sichinulfo. Tale terreno si trova prorio a fianco della obedienza di Terzo.
Un fugace menzione dell’obedientia la ritroviamo in un
documento del periodo 1127-1136, una pergamena dove viene fatta una revisione
di alcuni possedimenti che il duca Sergio VII aveva concesso al Monastero di
San Severino e Sossio:
“et inclita casa de Petro Nucerino, homine dicti monasterii,
habitatore ad illa L[ .... ] "', obedientia vestra de ipso loco Terzu”.
L’ultima nota sulla obedientia – quantomeno dai volumi della
Pilone – riguarda il periodo 1213-1218, quando l’abate del Monastero – Stefano
– concede all’Infirmaria retta dal monaco Pietro ben cinque pezzi di terra. Di
questi, due erano campise, ovvero dei prati da pascolo e i rimanenti tre erano
in palude “in loco ubi dicitur ad Molinum nostrum de illa turricella, unde
terres exinde da vos in feudum detinuit Iohannes subdiacono Cacapice; et alie
due sunt in loco Terzo, exinde dicitur Clusue, que est iusta hobidentia Sancti
Siverini.”
Quindi, accanto alla hobidentia di Terczo, vi era la
cosiddetta “Clusuria”, chiusura o ‘gnusa[3]
dove erano localizzate queste ultime due terre menzionate.
Nota: le pergamene sono riportate nel testo della professoressa Rosaria Pilone “L'ANTICO INVENTARIO DELLE PERGAMENE DEL MONASTERO DEI SS. SEVERINO E SOSSIO” - 1999
[1] Ciò
induce a pensare che il Mulino (e la torre annessa) appartenessero al monastero
ancor prima della datazione di tale pergamena.
[2] Cfr
G.Libertini – Volume introduttivo al R.N.A.M. - 2011
[3] Secondo
il sign. Luigi Perna, la gnusa era un luogo subito dietro il “complesso
Gaudiosi”, oggi corrispondente grosso modo a via M.Rosa Gattorno.
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