sabato 31 agosto 2024

Il Sistema delle “Masserie della Pretiosa” nel contesto dei luoghi arcoriani (VII) - Le "obbedienze" di Pomigliano e di Terczo, parte 2

Per quanto riguarda l'obedientia di Terczo (Terzo), individuata da alcune pergamene che risalgono al periodo in cui l'area tavernanovese apparteneva a questo villaggio (il territorio complessivo arrivava a coprire fin l'attuale via Filichito), essa viene menzionata in una pergamena risalente ad un periodo stimato tra il 1013 e il 1020 o tra il 1127 ed il 1136. Il salto che si ha tra questi periodi è frutto degli estremi cronologici del dominio di Sergio III, Sergio IV, Sergio V, Sergio VI e Sergio VII, nonché dell'abate Iohannes menzionato nel regesto; questi anni sono corrispondenti a quelli in cui dalla documentazione rinvenuta risulta che nel monastero sia stato attivo un abate Iohannes: ne consegue che l'autore dell'atto possa essere o il duca Sergio IV (1002-1027; 1030-1036) o Sergio VII (1120-1137).

La pergamena riguarda una concessione (privilegium) che il duca concede al Monastero circa alcune terre nei pressi del Molino della Torricella:

“idest integra starcza de terra maiore, iuris propria dicti sancti vestri monasterii, et cum integram ecclesiam vestram Sancti Siverini et domum frabitam et obidentia et curte, per quem vadit flivium maiore qui nominatur Rubeolum, et integrum molinum et turricellam vestram[1].

Quindi tale obbedienza si trovava in un contesto di una casa diroccata, con una obedientia ed un cortile (qui in senso di un atrio contornato da altre costruzioni[2]) e, nel territorio dove erano presenti queste strutture, vi scorreva il fiume Rubeolo oltre ad esservi anche il mulino e la vostra piccola torre.

Una menzione di una obedientia in loco Terczo la ritroviamo in una pergamena databile negli anni 1118-1143. Questa riguarda una offerta di un piccolo pezzo di terreno che viene fatta al Monastero da Sergio de donno Sichinulfo. Tale terreno si trova prorio a fianco della obedienza di Terzo.

Un fugace menzione dell’obedientia la ritroviamo in un documento del periodo 1127-1136, una pergamena dove viene fatta una revisione di alcuni possedimenti che il duca Sergio VII aveva concesso al Monastero di San Severino e Sossio:

et inclita casa de Petro Nucerino, homine dicti monasterii, habitatore ad illa L[ .... ] "', obedientia vestra de ipso loco Terzu”.

L’ultima nota sulla obedientia – quantomeno dai volumi della Pilone – riguarda il periodo 1213-1218, quando l’abate del Monastero – Stefano – concede all’Infirmaria retta dal monaco Pietro ben cinque pezzi di terra. Di questi, due erano campise, ovvero dei prati da pascolo e i rimanenti tre erano in palude “in loco ubi dicitur ad Molinum nostrum de illa turricella, unde terres exinde da vos in feudum detinuit Iohannes subdiacono Cacapice; et alie due sunt in loco Terzo, exinde dicitur Clusue, que est iusta hobidentia Sancti Siverini.”

Quindi, accanto alla hobidentia di Terczo, vi era la cosiddetta “Clusuria”, chiusura o ‘gnusa[3] dove erano localizzate queste ultime due terre menzionate.

Nota: le pergamene sono riportate nel testo della professoressa Rosaria Pilone “L'ANTICO INVENTARIO DELLE PERGAMENE DEL MONASTERO DEI SS. SEVERINO E SOSSIO” - 1999



[1] Ciò induce a pensare che il Mulino (e la torre annessa) appartenessero al monastero ancor prima della datazione di tale pergamena.

[2] Cfr G.Libertini – Volume introduttivo al R.N.A.M. - 2011

[3] Secondo il sign. Luigi Perna, la gnusa era un luogo subito dietro il “complesso Gaudiosi”, oggi corrispondente grosso modo a via M.Rosa Gattorno.

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